Anche se l’anno liturgico è ciò che ritma il respiro della preghiera della Chiesa, per cui i cristiani iniziano un nuovo anno con il principio dell’Avvento, l’anno sociale ha sicuramente molta importanza.
Così tanto che la Chiesa, saggia maestra delle Genti, ha scelto di caratterizzare l’ultima e la prima messa dell’anno per la comunità cristiana. E a queste celebrazioni ha dato un sapore particolare, caratterizzando la prima come una grande celebrazione di ringraziamento, proponendo di cantare in quell’occasione il più antico inno di lode e ringraziamento che la Chiesa ha nel suo bimillenario repertorio, cioè il “Te Deum Laudamus”. E di vivere e celebrare quel momento come occasione per rileggere gli avvenimenti più importanti e preziosi dell’anno trascorso. Cercando, per quanto sia possibile alle menti limitate delle persone, di riconoscere i segni, i gesti, gli accadimenti che hanno segnato la presenza e l’intervento della Provvidenza Divina nella vita dei singoli e delle comunità intere. Perché nella vita frenetica in cui siamo quasi “ingabbiati”, ove tutto sembra urgente, anche se urgente non è (perché di urgente nella vita c’è solo la morte o la malattia e poco altro…), abbiamo bisogno di fermarci a pensare. A riflettere sulla nostra vita, su ciò che abbiamo vissuto e compiuto. Per continuare nei buoni propositi e cambiare ciò che non è conforme alla volontà di Dio.
La seconda di queste celebrazioni ha il sapore degli inizi. Perché iniziare un anno nuovo è come avere davanti un libro di 365 pagine bianche e nuove dove ciascuno può decidere di scrivere… oppure no... Perché questa bellissima immagine presuppone che le persone siano padrone del proprio tempo o addirittura del tempo. Il libro di Qoelet ci ricorda invece altro:
Ho considerato l'occupazione che Dio ha da-to agli uomini, perché si occupino in essa. Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine. Ho concluso che non c'è nulla di meglio per essi, che godere e agire bene nella loro vita; ma che un uomo mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio. (Qo 4, 10-13)
Perché il cristiano sa che tutto è dono di Dio e vive immerso nel mondo e nel tempo con questa consapevolezza.
Per questo motivo alla prima S. Messa dell’anno nuovo la Chiesa domanda di can-tare l’antichissimo inno allo Spirito Santo che è il “Veni Creator Spiritus”. Perché sa che ogni “opera è compiuta da Dio” ed Egli ce ne fa dono. Senza chiedere nulla in cambio. E noi, per compiere i passi giusti, fare le scelte giuste, dire le parole giuste pure al momento giusto, abbiamo bisogno del soffio, della guida dello Spirito Santo.
Nella nostra comunità le abbiamo vissute con fede, partecipazione e profondità. Che il Signore accompagni ciascuno con i dono del Suo Santo Spirito in questo nuovo anno.
Buon Anno Santo!

Don Vinicio
 
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