Nelle riunioni con i collaboratori in preparazione sia alla festa patronale di S. Rita che quella dei Santi Pietro e Paolo che questa domenica celebriamo, avevo iniziato gli incontri invitando a riflettere a partire da questa domanda: è giusto fare festa in questo tempo? Dopo questi mesi di desolazione, di lutto, di pandemia, è giusto fare festa o no?
Agli estremi stavano queste risposte che mi davo: “Non facciamo festa perché il tempo dal quale veniamo è stato troppo doloroso, rispettiamo i lutti ed evitiamo ogni festa quest’anno”. Dall'altro lato opposto la risposta: “Facciamo festa come tutti gli altri anni, come se niente fosse successo”.
Ci siamo detti che né l’uno, né l’altro erano corretti, che si poteva rispettare il lutto e contenere la festa ma senza abolirla, vivendola ridimensionata rispetto agli altri anni, anche perché le norme sui distanziamenti e la sicurezza prevedono dei divieti.
Oggi facciamo festa ricordiamo i santi Pietro e Paolo, due uomini di Dio, che sono stati uccisi perché predicavano il Vangelo di Cristo, perché annunciavano al mondo il comandamento nuovo dell’amore. Facciamo festa perché Pietro e Paolo sono morti da martiri. Non sembra strano? Festeggiare perché la loro vita è finita per uno in croce e per l’altro con la testa tagliata? Eppure la tradizione cristiana ci invita a fare festa cioè a riconoscere valore a due vite, quelle di Pietro e di Paolo, vissute e terminate così, imitando il sacrificio di Gesù.
Noi non facciamo festa solo quando le cose vanno bene, il cristiano non fa festa solo per il compleanno o la promozione agli esami. Il cristiano fa festa perché riconosce nei santi dei modelli di vita buona, di vita vera, di vita da imitare, anche nelle prove della vita. E’ proprio nelle prove della vita che abbiamo bisogno di rifarci a qualcuno che queste prove le ha attraversate e superate, a costo persino della vita. Facciamo festa per chiedere a Pietro e Paolo di aiutarci a sostenere le nostre fatiche quotidiane, per avere da loro la forza, quella che loro hanno avuto, di perseverare nella nostra vocazione, di scegliere sempre il bene per noi e la nostra comunità.
La festa cristiana non è solo la candelina da spegnere sulla torta ma è la gioia che perdura anche dopo che la candelina si è spenta e si è mangiata tutta la torta; è la gioia che non ha mai fine perché fondata sull'amorericevuto da Dio e attraverso di noi riversato agli altri.
Quest’anno mettiamo in particolare sotto la protezione e la benedizione dei santi Pietro e Paolo il nostro compaesano don Carlo Chiesa, che festeggia il 50mo di sacerdozio in mezzo a noi. Il Signore lo renda docile all’azione del suo Spirito perché il dono ricevuto che lo ha conformato a Gesù Cristo, lo sostenga sempre.

Don Andrea

 
Esci Home