Lo scorso 19 settembre 2019, quando la comunità di Pogliano Milanese accolse solennemente l’urna del B. Francesco Paleari nell’80° della morte, nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo pochi mesi dopo con lo scoppio della pandemia. Nessuno poteva immaginare che ci saremmo ritrovati quest’anno con le mascherine sul volto, distanziati, con i posti ridotti in chiesa.
Nessuno poteva immaginare che le chiese, le scuole, tutte le attività sarebbero rimaste chiuse per mesi.
Nessuno poteva immaginare che ci sarebbero stati tanti morti, ai quali non si è potuto dare l’ultimo saluto. Nessuno poteva immaginare tanta sofferenza nelle famiglie per la perdita di persone care. 
E viviamo ancora nell’incertezza, per la riapertura delle scuole, incertezza per il lavoro, per gli anziani nelle case di riposo. Non sappiamo se il virus riprenderà a diffondersi e fino a quando durerà questa situazione. 
Oggi, viviamo dunque la festa del B. Francesco Paleari, in questo clima particolare, misto di incertezza e di paura.
Ancora di più, direi allora, abbiamo bisogno di guardare ai santi. Ancora di più abbiamo bisogno di pregarli, abbiamo bisogno del loro aiuto della loro intercessione.
Non tanto per attenderci qualche liberazione miracolistica dalla pandemia, quanto piuttosto per avere la luce, la forza, la perseveranza, per attraversare questo momento senza perdere la fiducia e la speranza.
I santi ci aiutano a vedere le cose dall’alto, senza perdere di vista la nostra umanità; ci invitano a guardare al cielo senza distogliere gli occhi dalla terra.
I santi non sono esseri disincarnati, ma uomini e donne di Dio, con una profonda umanità, che non hanno concluso la loro missione. S. Teresa di Gesù Bambino diceva: “Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra”.
Sì, i santi sono vivi, sono presenti; i santi ci accompagnano e ci aiutano a vivere soprattutto i momenti più difficili, con l’aiuto e la forza che viene dall’alto.
Sono amici discreti, silenziosi, che ci stanno accanto senza farsi notare; presenze vive, attente, pronte a venire in aiuto quando li invochiamo.
Amiamoli, dunque questi nostri amici, teniamoceli stretti, presentiamo loro le nostre fatiche, le nostre sofferenze, il nostro dolore, le nostre croci; ci aiuteranno a portarle, saranno i nostri cirenei nascosti.
Che cosa direbbe il nostro caro don Franceschino in questa situazione? O meglio, che cosa farebbe?
Anzitutto credo che, prima di ogni parola, ci guarderebbe con il suo sorriso. Il suo immancabile sorriso. Quel sorriso non di facciata. Quel sorriso che ti sa consolare prima e al di là di ogni parola. Quel sorriso che dice comprensione, compassione, condivisione. Quel sorriso che dice: “io ci sono”, “sono qui con te”, “non temere”.
Quel sorriso che rimane imperturbabile anche nei momenti più bui e più difficili, perché viene da un cuore che ha posto in Dio la sua fiducia, la sia sicurezza, la sua speranza. 
Lasciamoci dunque raggiungere da quel sorriso, sentiamolo rivolto a ciascuno di noi, in ogni situazione personale di sofferenza o di preoccupazione per il futuro. Sì, don Franceschino ci accompagna con il suo sorriso!
Poi credo che don Franceschino farebbe quello che ha sempre fatto nella sua vita: farsi tutto a tutti. Questa espressione di san Paolo che è stata inserita nell’orazione della memoria liturgica, ben si applica al nostro beato.
Sì, credo che il beato Paleari, anche in tempo di lockdown, sarebbe stato capace di farsi tutto a tutti, magari utilizzando anche i nuovi mezzi di comunicazione, pur di farsi tutto a tutti.
Ma il Paleari continua a farsi tutto a tutti attraverso la sua intercessione, la sua mediazione. Come tutti i santi, intercede per noi la grazia santificatrice, quel dono che non toglie i problemi, ma ci dà l’aiuto necessario per affrontarli, non toglie la croce, ma ci dà la forza per portarla. Soprattutto, ci dona la luce necessaria per vedere le cose dall’alto, la luce della fede.
Nelle testimonianze dei processi canonici, si legge: “Si può affermare che il Servo di Dio era dotato di una vivissima fede. Lo dimostrava non solo colla perfezione della sua vita, ma dal fatto che vedeva tutte le cose dall’alto”.
Questo suo “vedere le cose dall’alto” è confermato anche dalla testimonianza di sr. Orsola che afferma: “Un giorno, Mons. Paleari mi disse: ‘Come ci sono i misteri della fede che noi dobbiamo credere senza comprenderli, così vi sono misteri di provvidenza che dobbiamo adorare senza capirli. Deo Gratias!’ E aggiungeva: ‘Vedremo in paradiso il perché di tante cose che qui non comprendiamo”.
La luce della fede, ci fa vedere le cose dall’alto, anche le cose che qui non comprendiamo, come il perché di questa pandemia. La luce della fede ci aiuta a dare un senso a quello che viviamo.
L’epidemia che ha colpito l’umanità, ci ha fatto comprendere almeno tre cose:
- quanto siamo fragili;
- quanto è prezioso il dono della vita
- quanto siamo legati gli uni agli altri
Siamo fragili creature; è sufficiente un microscopico virus per metterci KO. Nonostante tutta la nostra ostentata potenza di mezzi, di tecnologia, siamo e continuiamo ad essere fragili creature. La consapevolezza di questa nostra fragilità naturale dovrebbe diventare occasione provvidenziale per rivestirci di quei sentimenti descritti da s. Paolo nella lettera ai Colossesi: “Fratelli, scelti da Dio, santi a amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità”.
Sentimenti che vediamo riflessi nella fragile figura di quel piccolo prete del Cottolengo, don Paleari. Lo sottolineano anche i testimoni: “Aveva una statura piccola, un fisico piuttosto magrolino, quasi un riflesso esteriore della sua umiltà, della sua indole semplice e serena”.
La pandemia ci ha fatto comprendere quale dono prezioso sia la nostra vita. Spesso diamo tutto per scontato, soprattutto quando siamo in buona salute. La possibilità che da un momento all’altro tutto possa cambiare, ci dovrebbe far apprezzare ancora di più il dono della vita. 
A questo proposito viene in mente l’espressione usata dal beato Paleari: “Domine, fac me furbum”, Signore, fammi furbo. “Furbo” era un aggettivo molto usato da d. Franceschino: “Facciamoci furbi, facciamoci furbi: utilizziamo il tempo, il paradiso è eterno”.
Lasciamoci provocare dal nostro beato a farci santamente furbi, per non sprecare il dono prezioso che è la nostra vita, il tempo: “Voglio farmi santo presto – diceva – anzi comincio da subito, perché nel passato ho perso il tempo e nel futuro forse pochissimo me ne resta”.
Facciamo tesoro di queste parole del nostro beato, come sono attuali!
Infine, la pandemia ci ha fatto comprendere quanto siamo legati gli uni agli altri.
“Siamo sulla stessa barca”, si è sentito ripetere sovente.
Questa consapevolezza di essere veramente un solo corpo e molte membra come dice s. Paolo, dovrebbe portarci davvero a rivestirci della carità, come abbiamo ascoltato nella 2a lettura: “Sopra tutte queste cose, rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo”.
Papa Francesco, nella catechesi del 26 agosto, ha ricordato che “da una crisi non si può uscire uguali. O usciamo migliori o usciamo peggiori”. Sta a noi cercare di uscire da questa crisi migliori, a livello personale, a livello comunitario.
La strada è quella indicata da s. Gv nella prima lettura: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio”. 
Un amore come quello che Gesù chiede ai suoi discepoli nel Vangelo di Lc, un amore che arriva ad amare anche i nemici. La strada è mettere in pratica la Regola d’oro insegnata da Gesù: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”.
Il beato Paleari ci aiuterà ad uscire migliori da questa crisi, con una maggiore predisposizione al bene, da lui vissuto con tanta semplicità, con naturalezza. Ci aiuterà a mettere in pratica quella sua massima che sottolinea così bene lo spirito con cui compiere ogni nostra azione, con cui affrontare ogni situazione: “Non per forza, ma per amore, o meglio, per forza d’amore”.
È la sintesi della vita cristiana, dove la forza non è quella di chi si sente obbligato a fare una cosa “per forza”, ma è la forza della carità, che viene dall’alto, dal cuore di Dio, è il Caritas Christi urget nos, l’amore di Cristo che urge, che ci spinge a fare tutto con amore e per amore.
Non siamo solo sulla stessa barca, siamo anche sulla stessa strada, la strada della santità. Affidiamoci dunque al caro don Franceschino, perché ci accompagni con il suo sorriso, con la sua intercessione per giungere alla stessa méta.


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