Diamo volentieri questa domenica spazio al nostro seminarista Gianluca Chemini che ci ha inviato questa riflessione sul tempo dell’Avvento da poco iniziato. Gianluca, come gli altri seminaristi, si trova in queste settimane a vivere stabilmente nella parrocchia dove svolge il suo apostolato quest’anno (Parrocchia S. Lucia  nel quartiere Quarto Oggiaro a Milano). Lo ringraziamo degli spunti di meditazione che ci offre con questo scritto e lo ricordiamo nelle preghiere. 


Siamo arrivati a un altro Avvento. Mi vado chiedendo: «che cosa devo attendere»? Sento, vi confesso, un po’ di amarezza: che cosa devo attendere ancora, Signore, dopo aver atteso due mesi chiuso in una stanza? Che cosa deve attendere ancora chi l’ha passata molto peggio di me e magari ha atteso mesi in un ospedale, giorni in un corridoio di pronto soccorso? Che cosa deve attendere ancora chi aspetta di tornare al lavoro per portare a casa qualche soldo o chi il lavoro addirittura non lo ha più? Adesso che è entrato nel nostro tempo questo virus, abbiamo pochi dubbi sulla risposta: vogliamo che finalmente se ne possa uscire, che tutto possa tornare presto come prima. Oggi a una domanda come questa, non si può che rispondere così. Stiamo vivendo tutti un’attesa e tutti, probabilmente, abbiamo nel cuore il desiderio che finisca presto. Sì, Signore, anche io voglio che passi presto questa situazione così difficile. Però, scavando dentro, sento che c’è un livello di attesa ancora più profondo. Un periodo così bisogna attraversarlo non con la spugna gettata o con uno sconforto a priori. Lo dico con profondo rispetto e delicatezza, perché so che per tante e tanti è una situazione non facile, ma non possiamo attraversare questo tempo solo con rassegnazione. A volte sento anche io la tentazione di vivere come in un tunnel, mettere in pausa la vita, tapparsi il naso e aspettare che tutto finisca. Eppure, penso che un periodo così si possa attraversare con il desiderio di dire: «forse qualcosa di buono c’è, forse è fecondo il regalo di un Avvento che comincia». Sì, più ci penso e più sono convinto della bellezza di questo regalo che ci viene fatto, un Avvento che comincia. Ed è un regalo squisitamente spirituale, certo, che ha a che fare con la nostra interiorità. Quando tante altre strade ora sono ferme, spesso tragicamente ferme, la strada spirituale è una strada tuttora percorribile. Lasciatemi dire, è proprio una strada bella da percorrere. Ecco, mi fermo a ringraziare il Signore per il regalo di un Avvento. Un Avvento che ci aiuta ad abitare in modo diverso il tempo, che dà profondità a un’attesa che altrimenti rischia di schiacciarci. 
In ogni Avvento c’è un invito a vigilare, a vivere con più attenzione. Non è un’ansia di previsioni, come quella in cui siamo immersi, né una pretesa di controllo. Vigilare è quell’atteggiamento che ci aiuta a cercare e riconoscere quello che è essenziale nella vita. Per poi scoprire che l’essenziale non ci è tolto, anzi, ne riceviamo sempre in abbondanza. Vigilare è anche unirsi al grido di tutti cristiani e di tutti i poveri del mondo: «Torna, Signore, torna presto! Noi ti aspettiamo». Un grido che sento autentico e vero specialmente in questo tempo. Tempo in cui ci sono tanti momenti di isolamento, di deserto e questo non per forza è un male. A volte capita di scoprire che il deserto è anche un luogo di risorse. Ogni deserto è bello perché da qualche parte si nasconde un pozzo, diceva qualcuno. Nei deserti che viviamo, se non li subiamo e basta - e come è difficile a volte! - possiamo scoprire pozzi di riflessione pacata, di lettura desiderata, di preghiera sentita, di uno sguardo appassionato sulla vita… Il deserto ci può anche restituire il “profumo del tempo”, dopo anni passati sempre a correre e in affanno. Mi ha molto colpito questa espressione, “il profumo del tempo”, che fa da titolo a un libro di un bravo filosofo di origini coreane. Lui propone di riscoprire l’arte di indugiare sulle cose: «riguadagnare un posto alla vita contemplativa, nella sua forma più quotidiana e vicina. Vale a dire reimparare a fermarsi, a 'indugiare': bellissimo verbo che parla di pause, di ozio meditativo, di sguardo lungo e cordiale sulle cose. In una parola, lo sguardo contemplativo restituisce al tempo il suo 'profumo', che è lento e permanente, che sa di ricordo e di memoria». Era questo il senso dell'orologio “a profumo” dell'antica Cina, che misurava il tempo col bruciare di un profumato sigillo d’incenso. Alla fine, resta un'eccedenza speciale, un aroma che riempie lo spazio, che indugia nell'aria in un momento sospeso e denso che apre alla felicità, alla contemplazione.
Per finire, mi piacerebbe raccogliere due inviti - e li raccolgo come spigolando da campi di altri, campi ben più ricchi di frutti del mio, che è così acerbo - inviti che mi sembrano offrire strade feconde per questo Avvento. Il primo è di mettersi alla scuola dell’anno liturgico. Con l’Avvento inizia un nuovo anno liturgico, la più grande scuola di preghiera e discepolato cristiano. Io non ho dubbi: a questa scuola anche quest’anno mi voglio iscrivere! E non è la ripetizione dello scorso anno, è quello di questo anno, di questo momento della mia vita. Ogni anno liturgico è sempre nuovo, perché nuovi siamo noi, sempre nuova è la Parola e il mondo che abitiamo. Io mi iscrivo alla sua scuola anche quest’anno e lo faccio proprio volentieri, perché poi l’anno liturgico basta solo seguirlo, lasciarsi accompagnare. Il secondo invito, sposato con il primo, è quello di mettersi in ascolto della Parola del Signore, domenica dopo domenica. Tra le tante parole, le notizie, i sondaggi, sentire per passione del cuore una Parola diversa. E concludo con la voce di questo secondo amico, ormai quasi novantenne, ma con una passione incontenibile per il Vangelo: «Quando leggo sento il rumore dei suoi passi, sono leggeri, senza fanfare, senza esibizioni, senza autocelebrazioni che ne rompano l’incanto. L’incanto della realtà, la realtà della sua persona, del suo vangelo, della sua via. La sua via, via dello Spirito, tanto diversa da tante vie dello spirito che abbiamo disinvoltamente chiamate cristiane, di Cristo. Seguo il rumore dei passi che portano a una casa. “Dove abiti?”. “Venite e vedrete”». Ecco, io ho voglia di venire e di vedere. E cominciare con questa sete l’Avvento è farlo in una maniera vera.

Gianluca

 
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