Nella lettera per il Tempo di Quaresima, che abbiamo messo a disposizione e che invitiamo chi ancora non l’avesse presa a prenderla in fondo alla chiesa, il nostro Arcivescovo ci invita a compiere un esercizio. Così scrive: “Per offrire un contributo e per incoraggiare una riflessione comunitaria, in questa Quaresima propongo di svolgere il tema della correzione” (p. 6).

E partendo da Dio stesso, colui che sa correggere come Padre buono il popolo eletto e noi suo popolo, l’Arcivescovo arriva a passare in rassegna i vari ambiti chiamati ad essere corretti e le modalità di correzione fraterna.

Ciascuno di noi è chiamato a lasciarsi correggere e a correggere altri. Certo, occorre sempre tenere a mente il monito di Gesù nel Vangelo: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Mt 7,3) ma questo non perché non possiamo mai muovere una correzione verso l’altro ma per richiamarci all’umiltà ed essere capaci a nostra volta di ricevere la correzione fraterna che altri ci possono rivolgere. 

Scrive sempre il nostro Vescovo Mario: “Nella comunità cristiana la correzione ha la sua radice nell’amore, che vuole il bene dell’altro e degli altri… La correzione fraterna è una forma di carità delicata e preziosa” (p. 9).

E’ un argomento delicato ma è anche questo il tempo propizio per pregarci sopra e allenarci a dare e ricevere correzioni fraterne con delicatezza e umiltà ma anche con lucidità e fermezza. Pensate a un ragazzo che non riceve mai una correzione dai suoi genitori o insegnanti. Cresce con un’idea di onnipotenza, che tutto debba essere a suo servizio e tutto possa essere comandato a bacchetta. Ecco allora che poi si arriva anche alle gravi degenerazioni che sentiamo o leggiamo sui giornali: “Alunno di II media alza le mani contro l’insegnante di italiano”; “Studente spintona contro il muro il suo professore perché ha dato un voto negativo”.

I nostri vecchi dicevano nella loro saggezza popolare che la pianticella va raddrizzata quando è tenera, altrimenti poi non riesci più. Il campo educativo è un ambito in cui esercitare la correzione, ma lo è anche quello delle relazioni famigliari, quello della coppia. Anche la vita di parrocchia è un ambito in cui esercitarsi nel correggersi a vicenda.  Chi corregge deve farlo in modo sempre delicato altrimenti l’altro alza un muro e non accetterà il richiamo. Chi lo riceve non deve sentirsi subito giudicato; deve soppesare la correzione e verificare se quello che viene detto è vero o no, se tocca un aspetto che anche lui sente come importante correggere per uscirne migliorato.

Qualcuno ha letto anche il tempo della pandemia di quest’anno come una sorta di correzione del Signore per farci comprendere i nostri errori e i nostri peccati. Per non aver custodito il creato come Lui ci ha invitato a fare, per non vivere secondo il suo disegno d’amore… Forse c’è del vero in questo. Nella lettera agli Ebrei si legge: “È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre?” (Eb 12,7). 

Dio ci fa passare anche attraverso la prova e la tribolazione per correggerci da condotte sbagliate. Ma dobbiamo essere consapevoli di questo, altrimenti anche quando la pandemia sarà passata non avremo compreso la lezione. “Ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati” (Eb 12, 11). 

Don Andrea

 
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