Nella Lettera per il Tempo di Quaresima e di Pasqua il nostro Arcivescovo scrive: “Chiediamo la grazia non solo di celebrare di nuovo la Pasqua, ma piuttosto di celebrare una Pasqua nuova”.

Nel momento della stesura della Lettera non si aveva ancora la certezza di poter celebrare i riti della Settimana Santa ma non veniva meno il desiderio di celebrarla in maniera nuova. 

Non è un semplice gioco di parole ma è la volontà ferma di celebrare una Pasqua nuova, cioè che non sia una replica di abitudini acquisite ma l’entrare con tutto se stessi nel contemplare i misteri più grandi della nostra fede: passione, morte e resurrezione, uscendone trasformati.

La Pasqua nuova vuole allora essere non solo il ritrovarci a celebrare la Settimana Santa dopo la mancata presenza in chiesa dello scorso anno, ma l’occasione di un reale rinnovamento interiore. Questo è frutto dell’azione dello Spirito in noi, della nostra docilità allo Spirito Santo che lavora in noi misteriosamente e ci rende uomini e donne rinnovate dalla Pasqua di Cristo.

Scrive ancora il nostro Vescovo: “Tutti possono essere chiamati a contribuire per interpretare e predisporre i segni del convenire, la festosa cornice dell’ambiente, le luci, i profumi, i canti, tutto quello che precede e segue la celebrazione. Sarebbe bello che tutto l’ambiente circostante si rendesse conto che i cristiani  stanno celebrando la Pasqua, la festa che dà origine a tutte le feste, non solo per un solenne concerto di campane, ma soprattutto con un irradiarsi della gioia, della carità, delle parole della speranza”.

Sentiamoci tutti coinvolti dunque nel preparare la Settimana Santa, con la preghiera reciproca l’uno per l’altro perché ciascuno sia raggiunto nel profondo dalla presenza di Dio che si rivela in Gesù attraverso i misteri che andremo a celebrare.

L’anno della pandemia ci ha sbattuto in faccia il mistero della morte, inaspettata, improvvisa. Ecco che a partire da questa circostanza potremo entrare già in maniera diversa nell’ascolto dei Vangeli della Passione di Gesù. Il suo essere stato tradito, condannato ingiustamente, crocifisso ci farà toccare ancora di più la fragilità della carne umana. Ma occorre guardare anche in là, al compimento di tutto. E il compimento è il mistero della risurrezione.

Scrive sempre il nostro Vescovo Mario: “Anche la cultura contemporanea mi sembra incline a escludere la risurrezione. Mi sembra quindi che si possa dedurne che la speranza di vita eterna non trova casa in Europa: la risurrezione di Gesù e la promessa che ne viene suonano affermazioni incomprensibili”. 

Ecco che allora come cristiani dovremmo crescere nella capacità di trasmettere questa differenza: non la morte come fine di tutto ma come passaggio che giunge ad una vita che è oltre e incontro con il Risorto.  Buona Settimana Santa!

Don Andrea

 
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