L’inizio del nuovo anno ci ha visti salutare e accompagnare in cielo due “grandi” della terra, che hanno giocato in due campi completamente diversi: Pelè calcando i campi di calcio del Brasile e in diverse parti del mondo, Papa Benedetto esplorando i campi del sapere filosofico e teologico e soprattutto guidando da pastore il campo della Chiesa universale.
Dio li ha chiamati a sé a distanza di alcuni giorni l’uno dall’altro e mi è piaciuto recuperare anche una foto che li vede assieme.
Mi sono chiesto: c’è qualcosa che accomuna i due? Naturalmente i piani sono completamente diversi e non sono ammessi confronti ma si può forse rilevare qualche aspetto che li rende unici e al tempo stesso simili.
Per esempio ricordare come ciascuno abbia dato in vita il meglio di sé. Pelè era un mago del pallone, se uno dice Brasile pensa a Pelè, per la visione di gioco e la sua creatività: dribbling, assist, calci di punizione, colpi di testa… tutto sapeva fare con la palla.
Anche Benedetto, prima da teologo e poi con gli incarichi avuti fino all’elezione a Papa, è stato unico nel suo campo e il card. Scola lo ricorda nell'articolo: indagare il mistero di Dio per trovarvi il nucleo incandescente della fede e saperlo trasmettere a tutti, parlando anche con i non credenti e con i credenti di altre religioni.
I grandi li vedi anche dai risultati. Pelè ha segnato più di 1200 gol nella sua carriera, vinto tre mondiali, portato il Santos, la sua squadra, ai massimi livelli. Di Benedetto non si contano i testi da lui scritti, prima come professore, poi come Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Da Papa tre encicliche, tre libri sulla figura di Gesù Cristo, centinaia di catechesi, diverse Esortazioni apostoliche.
Di entrambi possiamo poi vedere come Dio li abbia saputi fare “grandi” nei rispettivi campi partendo da contesti semplici e famiglie modeste. Poverissima quella di Pelè, modesta quella di Benedetto. Il Signore sa guidare alle vette della vita chi crede ai propri sogni e mette il massimo impegno trafficando i propri talenti.
Ma è arrivato anche il giorno in cui Pelè aveva detto basta: accecato un po’ anche dai soldi e dalla fama, usato dagli sponsor, tre matrimoni e sette figli in giro, ma soprattutto l’età che avanzava e il fiato che veniva a mancare, lo avevano convinto a concludere la carriera e a passare la maglia numero 10 ad un altro giovane giocatore che avanzava, Arthur Coimbra detto Zico, lui pure un campione.
Anche per Benedetto era venuto, a febbraio del 2013, il momento di dire “passo” continuando la sua missione nel silenzio e nella preghiera, tanto importanti per sostenere la Chiesa. La sporcizia che aveva denunciato qualche tempo prima, aveva bisogno di forze nuove, per essere rimossa e per dare nuovo slancio alla missione della Chiesa. Ci vuole coraggio anche per tirarsi da parte. Papa Benedetto ce lo ha mostrato. C’è un bene della Chiesa che è ancora più grande del posto che si ricopre anche se si è al vertice. Lasciare il passo perché si capisce che altri possono continuare e fare meglio. 
Grazie Papa Benedetto e grazie anche a Pelè per lo spettacolo di calcio che ci ha donato! Ora riposate in pace.     

don Andrea
 
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