Qualche settimana fa per la prima volta l’ONU ha diffuso una stima delle vittime civili nella straziante guerra in corso tra Russia e Ucraina: 9000 morti. Sorprende che i dati non vengano forniti riguardo ai militari che hanno perso la vita, su entrambi i fronti, in questi 500 giorni di conflitto. Sono anche loro, prima di indossare la divisa, dei civili e comunque la vita umana che rimane vittima della guerra anche se da combattente è vita preziosa. Allora scopriremmo che non sono 9.000 le vittime ma forse 90.000.
Ma al di là dei numeri, ogni vita umana persa nella guerra è un dramma senza pari. L’uccisione di un uomo da parte di un altro uomo è un abominio che neanche gli animali, tra la stessa specie, concepiscono. 
L’Italia ha messo nella sua Costituzione una parola forte per definire la tragedia della guerra: il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. Ci stiamo credendo fino in fondo? Stiamo dando attuazione a questo articolo della nostra Costituzione?
A fare un tentativo in queste settimane estive per trovare la via del dialogo e del cessate il fuoco è il Papa tramite il suo inviato speciale, il  card. Matteo Zuppi che è anche presidente dei Vescovi italiani e arcivescovo di Bologna. 
Dopo le tappe a Kiev e a Mosca è volato dall’altra parte dell’oceano ad incontrare il presidente degli Stati Uniti Biden per continuare a tessere una tela di pace. Non è dato sapere i contenuti precisi dei colloqui. Con Mosca si è portata avanti anche la questione dei bambini strappati alle famiglie ucraine e deportati in Russia e il tentativo è quello di farli riportare indietro. 
Sta di fatto che il più piccolo Stato del mondo, il Vaticano, è quello che si sta adoperando per tessere una tela che possa far cessare il conflitto e far ritrovare la pace. Mi viene in mente la parabola di Gesù del granello di senape. “Esso è il più piccolo di tuti i semi, ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami” (Mt 13, 32). 
Se uno crede davvero alla pace, al fatto che la morte genera sempre drammi e tragedie, allora sa sprigionare dal suo piccolo quella forza della giustizia e dell’amore che non guarda alla grandezza della sua economia o degli investimenti in armi ma pone tutto il suo impegno di idee, di dialogo, di preghiera nel tendere a quell’obiettivo che sta a cuore. E se allora tutti crediamo che la guerra è un immane tragedia che non vogliamo per nessuno, sosteniamo con la forza della preghiera anche il tentativo del Papa per riportare la pace.

Don Andrea

 
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