Forse il mestiere del pastore in cui Gesù si identifica nella pagina di Vangelo di oggi, almeno dalle nostre parti, non ce l’abbiamo bene in mente. I sacrifici che fa, i rischi che corre, ma anche le soddisfazioni che ha, le gioie che sperimenta…

Forse per comprendere, è meglio partire dalle caratteristiche di questo pastore, dalle azioni che compie per risalire alla professione o meglio alla scelta di vita. Il buon pastore dice il brano di Vangelo di oggi prima di tutto, “dà la propria vita per le pecore”.  Se allora non riusciamo magari a immaginare come il pastore possa dare la vita per le pecore possiamo pensare in modo particolare in queste settimane a coloro che la vita la stanno dando nelle corsie dei nostri ospedali, delle case di cura, come medici, infermieri, tutti coloro che stanno dando la vita perché altri rimangano in vita. E sappiamo che il sacrificio di medici e infermieri è stato alto in questi mesi per salvare ad altri la vita.

Comprendiamo subito allora che ci sono professioni che hanno dentro di sé una forte connotazione da “Buon Pastore” perché esprimono nel loro esercizio quotidiano il dono della vita. Allora oltre che professioni, mestieri, sono vocazioni, chiamata a dare la vita perché altri abbiano la vita.

Nella Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni l’immagine del buon Pastore può diventare quella del buon medico, che si prende cura, che si dona a rischio anche della sua vita.

Il nostro Vescovo Mario nell’ottobre scorso, quindi diversi mesi prima dello scoppio dell’epidemia, aveva inviato una lettera ai medici intitolata “Stimato e caro dottore…” dove scriveva: 
“Spesso raccolgo dai giovani che scelgono di studiare medicina una confidenza: Desidero essere medico per curare i malati, lo sento come la mia vocazione. Nell’idealismo giovanile rimane l’intuizione che la scelta di una professione non è finalizzata solo alla garanzia di un posto di lavoro, alla promessa di un prestigio sociale. L’intenzione originaria è quella di una solidarietà con chi soffre che non è solo prossimità ma competenza che cura e guarisce, scienza che offre speranza. Diventare medici per vocazione significa percepire che c’è qualcuno che chiama, che chiede aiuto, che invoca soccorso: si tratta del malato”. (Stimato e caro dottore – p.4)
Ecco, qualcuno che chiama: “Ero malato e mi avete visitato”, Gesù che chiama, come Madre Teresa che si è sentita chiamata nel vedere ai bordi delle strade di Calcutta moribondi di cui nessuno si prendeva cura vedendo in loro la richiesta di Gesù sulla croce: “Ho sete”. Come Pietro che dopo la Pasqua si è sentito chiamato per tre volte: “Mi ami?” e come quei sette uomini, i primi sette diaconi della chiesa, che abbiamo ascoltato nella prima lettura degli Atti, che si sono sentiti scelti a vivere la loro vocazione di servizio e di assistenza ai bisogni di allora.

Gesù chiama perché è il buon pastore che conosce le pecore. Ci conosce nella nostra unicità, irripetibilità, talento e anche nelle nostre fragilità e superficialità. Ci conosce non per sbatterci in faccia i nostri difetti ma per aiutarci a superarli. Nella Bibbia la radice della parola conoscere è amare. Sentirsi conosciuti è sentirsi amati. Il buon pastore che conosce le pecore è lo stesso buon pastore che ama le pecore e ha in mente per ciascuna di loro un progetto di amore che ognuna può realizzare nella sua libertà.

Gesù chiama ancora oggi tanti giovani e tante giovani a seguirlo in una maniera unica e particolare che è quella della consacrazione a Dio. Occorre mettersi in ascolto della sua voce, in mezzo alle tante voci che rischiano di soffocare la sua voce. La Giornata di preghiera per le Vocazioni quest’anno ha scelto lo slogan: “Datevi al meglio della vita” che non è proprio “Datevi alla bella vita”. È tratto dall’esortazione del Papa Christus Vivit, dove Francesco scrive: 
Giovani, non rinunciate al meglio della vostra giovinezza, non osservate la vita dal balcone. Non confondete la felicità con un divano e non passate tutta la vostra vita davanti a uno schermo. Non riducetevi nemmeno al triste spettacolo di un veicolo abbandonato. Non siate auto parcheggiate, lasciate piuttosto sbocciare i sogni e prendete decisioni. Rischiate, anche se sbaglierete. Non sopravvivete con l’anima anestetizzata e non guardate il mondo come se foste turisti. Fatevi sentire! Scacciate le paure che vi paralizzano, per non diventare giovani mummificati. Vivete! Datevi al meglio della vita! Aprite le porte della gabbia e volate via! Per favore, non andate in pensione prima del tempo. (CV 143)
Papa Francesco col suo linguaggio di carne sprona i giovani di oggi a mettersi in gioco nella vita, rischiando anche magari di sbagliare. L’importante è non rimanere a guardare la vita che passa, ma sentire la chiamata a dare il meglio di sé. E sprona anche noi, anche chi la vocazione l’ha già trovata e scelta, a viverla al meglio, con più decisione, con più amore. 

Anche l’intercessione di Maria, che vogliamo pregare con più intensità in questo mese di maggio, ci doni la grazia di nuove vocazioni e di vivere al meglio la nostra vita cristiana.

Don Andrea

 
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